L'immagine sbiadita di una città sbiadita dove, malgrado tutto, c'è ancora chi lotta per essere un'anima viva.

giovedì 28 maggio 2009

Berlusconi ha torto. Perchè mente.

Mi dispiace, caro Franzò, non la penso come lei.
Qualche settimana fa ero stata io a scrivere, nelle pagine di questo blog, che il caso Lario era solo gossip. Ho cambiato idea. Non è più gossip, forse non lo è mai stato. Il Primo Ministro italiano sembra abbia mentito. Ha mentito a Porta a Porta, trasmissione che ha scelto per andare a parlare della sua vita, ha mentito agli italiani, ha mentito ai giornali francesi.
E’ questa la notizia, anche se non è una novità.
Belpietro, durante Ballarò, ha attaccato Repubblica chiedendo come mai non ci fosse un’undicesima domanda. Come mai D’Avanzo non avesse chiesto se Berlusconi avesse fatto sesso con Noemi. Come ha detto Pannella, si dà per scontato che questo non sia accaduto. E anch’io do questo per scontato.
Pertanto considero legittime le domande del giornalista di Repubblica. Sono quelle che molti italiani si sono posti e che Vespa, quella sera, non ha fatto. Berlusconi aveva ricevuto quelle domande una settimana prima della pubblicazione. Il Premier però si era rifiutato di rispondere e così i giornalisti hanno fatto il loro mestiere. Sono andati a cercare. Probabilmente hanno cercato il modo per dimostrare una loro tesi. E ci sono riusciti. Hanno trovato un testimone che, come ha detto Ezio Mauro, non ha parlato male né della ragazza né del Primo Ministro. Ha raccontato la sua versione dei fatti che non corrisponde a quella raccontata da Berlusconi che a sua volta non corrisponde a quella raccontata dal papà di Noemi. Dalle indagini di Belpietro, “dipendente della Mondadori e non di Berlusconi”, è emerso che l'ex di Noemi, Gino, è stato condannato per rapina e dunque non sarebbe una fonte attendibile. Questo è quanto, il direttore di Panorama, ha rimproverato a Ezio Mauro, direttore del La Repubblica. Belpietro, in quanto dipendente di Mondadori e non di Berlusconi, potrebbe allora controllare anche il casellario giudiziario di Berlusconi, di Dell’Utri, di Bossi, di Maroni e poi rivelarci se questi personaggi, che governano l’Italia, sono fonti attendibili.
Caro Franzò, peccato non essere il paese del Watergate, peccato non essere più il Paese che costrinse Leone a dare le dimissioni. Peccato. Allora se un problema esiste, risiede nella nostra cultura. E’ triste accusare un giornale di far parte di un partito perché ha sposato una causa. Perché forse è meno dipendente di Mediaset e della Rai.
Lei è rimasto indignato davanti alla domanda del leader politico Franceschini: “fareste educare i vostri figli da Berlusconi?”. Ha ragione. Forse è stata pronunciata a sproposito. Nessuno può entrare nel merito dell’educazione che si impartisce ai propri figli. Non è con queste frasi che si fa opposizione seria e onesta. Ma indigniamoci anche per tanto altro. Sia benedetta l’indignazione.

Io, progressista, dico basta. Di Carmelo Franzò

Sapevo che ci sarebbero riusciti. Avvertivo da tempo il presentimento. Franceschini e “Repubblica” hanno disgustato anche me.

Lo hanno fatto praticamente all’unisono.

Come possa saltare in mente a un leader politico una frase come “fareste educare i vostri figli da Berlusconi?” rimarrà per me sempre un mistero. Perché ho sempre pensato che chiunque, soprattutto un politico, dovrebbe azionare il cervello ben prima di dichiarare.

Questa volta hanno ragione quelli del centrodestra. Se sei ormai accecato dall’odio non pensi più, segui un istinto che infine ti porta a essere infame e inconcludente. Una frase, quella di Franceschini, che crea disagio, a chi è padre, a chi è figlio, a chi vorrebbe politici che dibattono di politica.

Credo che Franceschini abbia perso la testa e credo che ancora una volta la responsabilità sia anche del quotidiano che più danni ha prodotto nello sviluppo di un progetto culturale della sinistra, “Repubblica”.

Da un decennio ormai il giornale più amato dalle persone libere da pregiudizi, moderne, in senso letterale progressiste, depositario delle migliori firme del giornalismo italiano e di illuminati scrittori di tutti i continenti, ha confuso il proprio ruolo. Ha ceduto alla politica facendone parte, non ha più registrato i fatti e innescato polemiche opinioni sugli stessi.

Mauro ha pensato di essere non solo il direttore di un giornale ma il timoniere di una parte politica del Paese. Con le sue battaglie, a volte certamente in buona fede, ha finito col condizionare i movimenti del partito della sinistra democratica italiana. Fino a mandarli a sbattere. E’ accaduto così anche a Franceschini, nonostante le sue origini democristiane.

Sulla vicenda Noemi il giornale di Mauro ha innescato una campagna tesa, sul modello americano, a discreditare Berlusconi, arrivando al limite dell’accusa di pedofilia. Una cosa bassa perché arrivare a questo senza averne le prove (da questo immagino la mancanza di un’accusa esplicita) è da deriva, da collasso, da implosione della stessa idea di dialettica comune. E il dolore è ancora più grande perché la firma in calce a ogni pezzo, da quello serio e rigoroso delle dieci domande, a quelli gossippari di interviste a fidanzato e zia di Noemi, è quella di un giornalista tra i migliori che l’Italia abbia mai avuto: Giuseppe D’Avanzo. Io non ho dieci domande, ma una sola per D’Avanzo: cosa lo ha spinto ad arrivare fino alla pubblicazione delle lettere di due fidanzatini, le loro foto, portarlo alla caccia di un parente che potesse sollevare appena un po’ i pruriti già eccessivi di una civiltà allo stremo?

“Repubblica” è diventato un giornale sbagliato. Non siamo più il Paese che costrinse Leone alle dimissioni, non siamo mai stati il Paese del Watergate. Quella su Noemi, montatura o meno, è una storia che non fa breccia nel senso che “Repubblica” vuole. Francamente appare innescata dall’odio cieco, quello stesso odio cieco che ha fatto pensare a Franceschini di poter essere lui il grande moralista che può salvare l’Italia dal decadimento dei costumi.

Ho sempre scelto liberamente per chi votare, e spesso ho votato a sinistra.

Ma se oggi la sinistra è Franceschini, se oggi “Repubblica” rappresenta la sinistra, allora io cambio area, cambio aria.
Carmelo Franzò

"Scosse" racconti dall'Abruzzo. 27 maggio 2009 Diario di Davide Comunale

“Segretaria stanca sviene sopra un protocollo”
Bhe, altro che sensazioni. Oggi ho da darvi proprio la mia stanchezza di metà settimana. E’ la mia sensazione e credo sia giusto volerla condividere con voi. Ogni giorno mi alzo con la convinzione che la mia squadra, i ragazzi con i quali divido la tenda al “civico” 17 della tendopoli ColleMaggio – L’Aquila, sia la migliore, l’unica a poter fare questo lavoro, estenuante quanto mai. Lavoro che è servizio, che è libera scelta. Noi non siamo dipendenti del Comune, non siamo lo staff del Dipartimento Protezione Civile. Non abbiamo sgargianti uniformi e divise catarifrangenti che ci segnalino per quello che siamo o per il grado che ricopriamo. Noi siamo venuti a L’Aquila chiamati la notte prima di partire, qualche ora prima se vogliamo essere sinceri; abbiamo messo quattro magliette dentro lo zaino che, come da tradizione, è sempre pronto e ci siamo guardati, un po’ assonnati, dire ECCOMI.
Poi tutto viene da se. Vengono i sorrisi e le risate, vengono gli scazzi tra di noi e i momenti di nervosismo, vengono gli sguardi perplessi per le richieste assurde del “capo ufficio” e la perplessità che si stampa nei nostri occhi nel dover eseguire procedure che a dir poco ci sembrano farraginose sotto il sole cocente del nostro ufficio, un’aula di un asilo nido di via Scarfoglia, che abbiamo invaso (credo si possa dire a buon diritto così). Noi che ci aggiriamo per i corridoietti e le stanzette che ancora portano i nomi dei bimbi appesi ai porta zaino del muro, che ci spostiamo tra il banchetto della “Funzione Sanità” e quello del “Protocollo”, che abbiamo imparato ad interfacciarci con le strutture di un potere che nell’emergenza Abruzzo ha dovuto monopolizzare e sostituire le strutture, prima traballanti ora diroccate, delle Amministrazioni varie, che sappiamo fare un protocollo in entrata per una richiesta di ghiaia da campo e sappiamo anche quando fermare tutto per ascoltare lo sfogo arrabbiato del cittadino che non riconosce più neanche il proprio prefisso telefonico – la Prot.Civ. ha posizionato linee d’emergenza e tutti i numeri sono nuovi, così le cose semplici vengono viste difficili e quelle obiettivamente difficili, diventano impossibili -, noi che a fine serata ci ritroviamo di fronte la tenda a parlare con gli Aquilani che hanno tutta la voglia di raccontare …
Noi ci stanchiamo! Perché è umano e naturale. E ci stanchiamo soprattutto di dover dare soluzioni apparenti a problemi che per poca informazione e cattiva trasmissione, diventano col tempo voragini, sembra proprio il caso di dirlo, fagocitano la gente e la intrappolano in strutture nate con l’idea di alleggerire e sopperire e cresciute tra la fierezza del carattere abruzzese e la genuina semplicità della gente.
Chiedetemi se questa esperienza mi sta arricchendo.. si! Sto scoprendo giorno dopo giorno che dalla paura di quella notte la gente è uscita e vuole reagire, anche se la casa che ha non ha riportato crepe tali da farla segnalare ma bastanti per farla demolire per poterne puntellare altre due vicine. Ed è bello poter dire che da dietro il banco di una scrivania, tra caldo e nervosismi vari, puoi anche svenire sul tuo Pc, resterai sempre utile allo stesso sistema che ti ci ha catapultato nel caos e che cerca in tutti i modi di restare con onore a galla, il più possibile.

"Scosse" racconti dall'Abruzzo. 26 maggio 2009 Diario di Davide Comunale

“tutte le gocce riempiono il mare, basta saperle vedere”
Messaggio breve stavolta…. Fatica tanta e tempo poco.
Stasera lo spazio sensazione è affidato ai commenti ed ai discorsi della gente che vive al mio campo.
Piccole emozioni… la chiesa basilica di Colle Maggio, che sto scoprendo piano piano nel mio restare alla tendopoli. La gente guarda la mattina la chiesa impalcata e vuota, con i calcinacci e le opere artistiche ed architettoniche tutte diroccate. Sfogliano, mentre fanno colazione, le riviste del turismo della provincia aquilana con le immagini di com’era e di com’è adesso.
Ed il tutto tra bagni chimici, tende campo con connessione internet, mense da campo e tenda cappellina con annesse le suorine che hanno saputo tener testa al Silvio nazionale durante la sua spettacolarizzata visita al campo.
Adesso saluto tutti e vado… domani sarà più lungo il mio diario.

"Scosse" racconti dall'Abruzzo. 25 maggio 2009 Diario di Davide Comunale

“Sul cappello sul cappello che noi portiamo…”
Terzo giorno di missione Aquila e terzo giorno di pratica di segreteria…Ormai sono la cosiddetta “perfetta segretaria” e la consapevolezza che molte pratiche importanti passano dalle mani mie e dell’altro capo che lavora con me alla segreteria e protocollo del COM ci fa sentire importanti.
Badate bene, non siamo nessuno e la gente dell’Aquila non ci ricorderà se non per la voce che ogni tanto risponde al telefono cercando di fornire le più disparate soluzioni a problemi per certi versi assurdi e per certi altri tanto scontati da far restar basiti. Le sensazioni di oggi rimandano, lo si capisce sin dal titolo, al lavoro grande e prezioso che tutti i volontari stanno facendo qui a L’Aquila. Potrei citare i ragazzi della CRI del mio campo Colle Maggio, a cui mi sento legato da un passato di più di 10 anni passato sotto le insegne della croce rossa, e finire ai ragazzi del Battaglione San Marco, acquartierati in una delle tendopoli più grandi sorta accanto il centro commerciale aquilano “Globo”. Ogni giorno leggo le loro richieste e cerco di capire che fine faranno le cinghie di trasmissione delle ventole, i chiodi e le assi che autorizzo, i kg infiniti di verdura e di carne che vengono autorizzati dal mio COM e che diventeranno il cibo di tanta popolazione, volontaria e non! Per questo oggi la mia attenzione si ferma su queste persone, sullo spirito teso ad aiutare con la voglia anche di mettersi in luce per come lo si fa. Capiamoci, non ho niente in contrario con chi si spende a fin di bene facendosi anche notare per come lo fa. Lo preferisco di gran lunga a chi si maschera dietro il perbenismo imperante del “io non avrei saputo come fare … vi stimo per quello che fate, ma io …”. Vi posso sembrare anche estremo ma davanti a momenti e occasioni come queste la nostra società avrebbe bisogno di maniche rimboccate, pazienza da vendere e della possibilità di mettere in campo anche la più piccola competenza. Un insegnante può fare doposcuola, un elettricista collaborare al montaggio dell’impianto elettrico di una campo, un trasportatore … bhè, qualcosa la troviamo anche per lui, statene pur certi!
Arrivi alla fine della giornata, stremato dal caldo del nostro ufficio, dalle richieste della gente e dei volontari, dal lavoro di scrivania, che pensi che tutto serva e tutto possa essere utile in occasioni come queste. Senza filtri, senza se e senza ma. E se tutto il sistema ha funzionato, se tutti i meccanismi della farraginosa macchina dei soccorsi si sono mossi più o meno all’unisono, alla fine della giornata ti puoi anche concedere il piacere di cantare con gli alpini volontari davanti alla brace dove i cittadini aquilani hanno deciso di offrirci la cena, a base di pecora arrosto, ovvio! Non sprecherò le mie ultime righe di diario a parlarvi del sapore e del piacere del vino e della carne, né della simpatica goliardia dei reparti militari e dei battaglioni che sono stati dislocati a questi campi. Vi dico solo che ho mangiato, bevuto, cantato e concluso la mia giornata parlando di educazione e società con le Penne Nere e lo scambio è stato veramente arricchente.,

mercoledì 27 maggio 2009

Quello di Lombardo è un bluff. Di Carmelo Franzò

Non tornerebbe mai al voto, mai lo farebbe contro il Pdl. Perché ne uscirebbe sconfitto.

In Sicilia Lombardo è presidente perché fu allora furbo a sfruttare i timori di Berlusconi, alla vigilia delle elezioni politiche i sondaggi non consegnavano al Pdl una maggioranza netta al Senato e così il Pdl si piegò al ricatto di Lombardo, lo votò alla Regione per poi avere il beneficio di qualche senatore in più.

Il voto delle politiche però portò al Popolo della Libertà, a dispetto dei sondaggi, una maggioranza rassicurante anche al Senato e fu allora che il Pdl cominciò a mal sopportare le iniziative di un Lombardo il cui motto, da sempre, è “comandare è fottere”.

Il catanese dagli occhi di ghiaccio ha nel coraggio il suo maggior talento. Lo ha sempre esercitato, a in modo anche spregiudicato. Spesso gli è andata bene, qualche volta no. Ma Lombardo è così. Ha strutturato un partito che ha un fascino nel nome, autonomia, ma che di autonomo ha solo il suo leader. Ha sempre avuto i modi del dittatore e basta riepilogare nomine e decisioni assunte per vedere che Lombardo, da sempre, gioca da solo. La crisi del governo siciliano è tutta nei modi del suo presidente. Che con sondaggi negativi in mano (l’Mpa è sotto il 4% e quindi non fa gioco nella partita per le europee) doveva spararla proprio grossa per cercare di recuperare a dieci giorni dall’appuntamento elettorale. Lo ha fatto, senza timore, come gli appartiene. e sfruttando una spaccatura interna al Pdl dove ormai ci sono due correnti in aspro conflitto, quella che fa capo al ministro Alfano e al presidente Schifani, e quella che ha come riferimento il sottosegretario Miccichè. Lombardo si è insinuato in questa battaglia e i primi risultati li ha ottenuti. In Italia, subito dopo Noemi, Lombardo è l’argomento. Gli consentirà tutto questo di superare il 4% e ottenere uno spazio nel parlamento europeo?

Difficile fare un pronostico.

Una certezza c’è. Lombardo ha mostrato una volta di più di non essere, come sostiene, un servitore delle istituzioni ma di utilizzare le istituzioni per il suo progetto. Che è quello di ottenere sempre maggiore potere. Per farsene cosa, per quali ricadute in favore del popolo siciliano, è tutto da chiarire. Quello delle accise, di una riforma della sanità scevra dalle becere spartizioni politiche, per l’autodeterminazione del popolo siciliano, sono balle colossali alle quali non crede più nessuno.

Di Carmelo Franzò

martedì 26 maggio 2009

Pinus Pinea

Nella mitologia greca la ninfa Piti, era amata da Pan dio delle greggi e da Borea dio del vento del Nord. Per essersi concessa a Pan il geloso Borea la fece precipitare da un'alta rupe. La terra impietosita trasformò il suo sfigurato corpo in pino i cui rami gemono quando sono sfiorati da Borea e si offrono gioiosi per fare corone in onore di Pan.


"A Messina, ricorderemo sempre e con rammaricato silenzio, i 15 Pinus Pinea ribelli che cercarono con tutte le loro radici una libertà da sempre impeditagli dall'asfalto e per sempre negatagli da chi ne decise la sfortunata decapitazione."

Clicca per vedere gli alberi decapitati
















lunedì 25 maggio 2009

"Scosse" racconti dall'Abruzzo. 24 maggio 2009 Diario di Davide Comunale

SILENZI ASSORDANTI

Secondo giorno e secondo invio di pensieri, sensazioni, emozioni e fatiche che vivo qui a L’Aquila.
Oggi è domenica e si respira l’aria strana della “festa”. Mi viene da ridere al pensiero della normalità di una mia domenica, aspettando i bambini scout o sperimentando la comodità del mio letto romano.
Ed invece il nostro risveglio è brusco e repentino perché la disponibilità dell’acqua calda per le docce è un lusso che ti puoi permettere solo se ti svegli presto. La vita della tendopoli è strana a volte: ieri vi accennavo alle “vie”che i bambini di Colle Maggio hanno assegnato agli spazi di sicurezza tra una tenda e l’altra… Via delle lettere – via Nintendo – via dei Leoni – via delle Farfalle. Fanno tenerezza e farebbero commuovere chiunque le leggesse, perché rimandano al senso di normalità a cui accennavo ieri. Ma tutto poi va in contrasto con quello che passa ogni giorno dai nostri tavoli di lavoro. Richieste di condizionatori per il caldo che comincia a diventare problematico, gestione delle donne partorienti, firma dei permessi di sgombero di interi edifici.
Ed il tutto rientra a pieno con la nuova sensazione che voglio regalarvi. Oggi nel mio “dopo-lavoro” quotidiano ho accettato l’invito del capo campo della tendopoli Stazione, l’esperimento-per altro riuscitissimo- di installare una tendopoli senza tende, utilizzando i vagoni ferroviari e i locali ancora agibili della vecchia struttura e sistemando gli sfollati al meglio delle possibilità.
Si entra così in un mondo speciale fatto di treni, vagoni e cuccette che si animano con le voci dei bambini che giocano a palla o sfecciano in bici, con i ragazzi che si sfidano ad improbabili tornei a calcio balilla, con anziani che prendono il caffè seduti davanti la tenda tv. E si capisce che qualcosa attorno è diverso. Allontanandosi dal campo di appena qualche centinaio di metri non si sente più nulla, nessun rumore, nessuna luce, nessun suono di vita. Il silenzio di interi palazzi è assordante nel contrasto che crea, genera quasi timore. Le crepe delle case attorno la stazione, la casa cantoniera completamente rasa al suolo dal terremoto prima e dalle ruspe dei VV.FF. poi è qualcosa che lascia senza fiato. Non sono un tecnico né un architetto e non so dirvi quanta dannata malta, o sabbia o calce ci doveva essere o mancava. Da persona comune, da studioso, da scout volontario a L’Aquila vi dico solo che fa rabbia, veder giù le macerie. Come fa rabbia dover rispondere alla studentessa aquilana che tra 2 mesi dovrebbe laurearsi che tra qualche giorno le tendopoli dove non risiede, perché dorme da amici, ma mangia non le daranno più questa possibilità.
La gente deve vivere e sopravvivere non è il migliore dei compromessi in attesa del G8, di cui si comincia sempre più fortemente a parlare almeno in termini di disposizioni alla sicurezza e di misure preventive. Sembra allora tutto ridicolo quello che faccio: sistemare la linea telefonica alla tendopoli colpita dal fulmine due giorni fa, riattivare le comunicazioni fax necessarie alla richiesta pasti di un campo intero, stoccare i pali di legno ed i rivetti per le docce al campo dove risiedo… se poi verranno stanziati milioni per l’organizzazione del grande evento, teso a garantire l’incolumità dei grandi della terra ed a far incazzare i piccoli dell’Aquila, quelli che convivono con i problemi di ogni giorno, quelli che tuttora continuano a fare domande come: “Quando mi certificano lo sgombero? – Dove posso andare per il certificato di abitabilità? – quando mi ridanno lavoro e casa?”.
Per fortuna ci sono le risate degli alpini, un po’ impettiti ma sempre disponibili, le battute dei VV.FF a cui stiamo dimostrando, noi piccoli e poco competenti quanto valga la semplicità.
Beh…sono stato troppo polemico…vado a girare gli arrosticini che sono sulla brace della nostra tendopoli…stasera cena abruzzese…

Saluti scossi….
Davide Comunale

domenica 24 maggio 2009

"Scosse" racconti dall'Abruzzo. 23 maggio 2009 Diario di Davide Comunale

Sono appena arrivato in macchina da Roma al COM dell’Aquila.
La prima cosa che accoglie un visitatore, potreste pensare che siano le case diroccate, il paesaggio desolato e popolato da sfollati. Ricredetevi. Vi accolgono le sigle, gli acronimi di cui ogni angolo della città è sparso. Il COM Centro .Operativo.Misto, la DICOMAC – Direzione di comando e controllo, e così via in una miriade di cartelli stradali dal colore rosso sgargiante che rimandano ad una condizione di “stabile” precarietà. Qui si sono preparati per conviverci con il terremoto e soprattutto con la macchina organizzativa che si è messa normalmente in moto.
Non voglio entrare sui particolari, non potrei né vorrei farlo. Il solo COM dove presto il mio servizio gestisce un terzo delle tendopoli abruzzesi nelle quali sono sistemati “momentaneamente” gli sfollati dell’Aquila e prov.
Preferisco parlarvi delle mie sensazioni…. Il lavoro di segreteria è talmente impegnativo che passiamo poco tempo a contatto con la gente, in tendopoli dove dormiamo con la mia squadra AGESCI; la nostra giornata, all’apparenza poco coinvolgente, si sviluppa nel passare e protocollare le singole richieste dei cittadini e dei volontari che popolano questa irreale nuova metropoli dell’aiuto. Perché, fatevi i conti anche voi, ogni tendopoli ospita all’incirca 500 persone, cittadini e volontari, e solo il COM 1 ne gestisce 39 di tendopoli, da quelle di Piazza d’Armi a quella di Colle Maggio, antistante la basilica dove sono dislocato io. E vi verrà facile adesso capire che le richieste sono le più disparate, dal gas alle forniture idrauliche che fanno funzionare le docce. Insomma dalle mie mani passano le autorizzazioni che poi fanno mangiare dormire giocare le persone che vivono tra le tende dei campi.
Ma è quando il lavoro d’ufficio finisce che cominci a capire dove sei finito. Prima, tutto è carta, computer, bolli e protocolli. E’ distanza dal problema, doverosa, ma sempre distanza.
Quando finisci il tuo servizio invece inizi a respirare un’aria diversa, quella precaria normalità di cui parlavo prima. Guardi viaggiando in macchina le case crepate, i muri pericolanti cinti dalle fasce di sostegno dei VV.FF., le tende che spuntano un po’ d’ovunque, i cartelli delle varie attività commerciali che ti avvisano che: “ADESSO SIAMO DI NUOVO APERTI”, le gru delle costruzioni vicino le chiese, gli scheletri lignei delle nuove case in ricostruzione. E percepisci la gente, che continua a vivere che vuole continuare, tenace e forte come Giulio e Matteo, due panettieri e pizzaioli di Pagliaia di Sassa che abbiamo incontrato ieri notte e che ci hanno invitato ad assistere al rito antico e sempre nuovo della panificazione. Giulio, “il Maestro”, mi ha detto che ha tenuto il forno aperto nel suo capannone anche quando tutto tremava e le macchine facevano fatica a stare ferme, “perché senza pane noi non viviamo”. Chiamatela suggestione, ma - ed ora biecamente utilizzo la pubblicità – “nel Mulino che vorrei”, ci vorrei persone così.
Adesso vi saluto e se volete scrivermi, indirizzate tutto a Davide Comunale, via Nintendo, tenda 17 Tendopoli Collemaggio- L’Aquila.
Davide Comunale

Messina e le Vie dell' Antimafia.

Nella giornata del 23 Maggio 2009, si è reso omaggio alla memoria di Giovanni Falcone e diversi cittadini messinesi hanno partecipato al corteo organizzato dall’ associazione Energia Messinese.
Il comitato ‘’Giovani e Messina’’ ha aderito all’ inziativa e ha voluto che si creasse inoltre un occasione importante per riflettere e per avanzare anche qualche proposta.
La cultura dell’ antimafia può nascere dal consolidarsi e tramandarsi nel tempo esperienze e valori che gli individui della comunità riconoscono comuni e condivisi.
Il ricordo e la memoria sono gli elementi fondamentali per far nascere e diffondere la cultura dell’ antimafia: i riti, le celebrazioni, gli eventi, l’ intolazione di vie, strade, piazze sono elementi fondanti per la costruzione di un identità e di una cultura dell’ antimafia.
Nella nostra città risultano poche e nella maggior parte dei casi prive di targhe commemorative, le vie intitolate a vittime di mafia e tantissime inoltre le strade e le vie prive di un nome.
Ancora in molti quartieri( come ad esempio il II, nella zona del villaggio C.E.P) le strade vengono denominate con nomi alfa numerici A/2, D/7, B/5, C/3… .
E’ proprio partendo da queste considerazioni che il Comitato ‘’Giovani e Messina’’ vuole fare appello agli amministratori:
- istituire targhe commemorative nelle poche vie esistenti intitolate a vittime di mafia.
- titolare nuove e strade e nuove vie a vittime di mafia partendo da quelle ancora denominate con nomi alfa numerici.
- lancia inoltre una proposta a tutti i cittadini di proporre i nomi di cittadini che si sono contraddistinti nella lotta alla mafia e di segnalarli al nostro comitato all’ indirizzo mail giovaniemessina@tiscali.it il quale avanzerà alla’ amministrazione le proposte pervenute.

Comitato ‘’Giovani e Messina’’
Ivan Mirko Stanislao Tornesi

sabato 23 maggio 2009

Europee: lotta Lombardo - PDL. A Messina paga Bernava

A Messina arriva un altro commissario. L’ennesimo. La politica regionale di Raffaele Lombardo infligge un nuovo schiaffo. Questa volta rivolto alla città dello Stretto e in particolare alla principale istituzione culturale della città: il Teatro Vittorio Emanuele.

Designato dal Sindaco per diventare commissario dell’Ente Teatro era stato Egidio Bernava così da dare un senso di continuità al lavoro che aveva intrapreso da Presidente. Lavoro che ha portato ottimi risultati come l’aumento degli abbonamenti, 70% per la musica e 30% per la prosa.

Ma l’amministrazione regionale ha ancora una volta ignorato gli accordi di partito e il buon senso. Alla logica ha prevalso l’istinto killer che sembra impossessarsi di Raffaele Lombardo nell’imminenza di ogni appuntamento elettorale. Toglie uomini che hanno servito le Istituzioni, gli Enti, senza neppure soffermarsi un attimo sugli esiti, sui risultati. Lui deve solo mettere fedelissimi, suoi e del suo governo. E la qualità delle persone diventa un dettaglio, l’autonomia da lui sbandierata viene riposta. Se ci sono elezioni a Messina dice che è Messina a doversi determinare. Ma se le elezioni sono, come in questo caso, europee, allora tutti fuori quelli che al telefono non rispondono signorsì.

Già Fabio D’Amore, dopo aver fatto una campagna elettorale da terzo polista e non essendo poi rientrato nelle logiche di alcun partito, è stato nominato da Lombardo commissario straordinario della Fiera. Un mese fa, 100 nomine nei consigli di amministrazione di dieci Iacp siciliani sono state annunciate. Due giorni fa, Vincenzo Mingoia, ingegnere e funzionario dell’assessorato regionale ai Beni Culturali, è stato nominato commissario dell’Ente Teatro.

Resta da chiedersi quali saranno le prossime mosse e soprattutto quale sarà il peso dell’amministrazione locale. Tutto questo fino ad ora è infatti avvenuto senza che gli esponenti più autorevoli del PDL messinese siano riusciti a fare da contrappeso alle scelte regionali.

mercoledì 20 maggio 2009

Il potere e l'intimidazione. Di Antonello Caporale

Alla fine di queste righe troverete un lancio dell’Ansa nel quale si dà conto della conferenza stampa congiunta dei sindaci di Messina e Reggio Calabria che annunciano la querela a me per aver intaccato l’onore e la dignità delle due città. Si suppone congruo il risarcimento danni stimato in mille euro per ciascun abitante dello Stretto.
Una risata dovrebbe seppellire una decisione di tal fatta. Ma prima di sorridere fermiamoci a valutare cosa c’è dentro questa notizia.
Urge un brevissimo riepilogo: in aprile sono ospite di Exit, e la trasmissione de La7, dedicata al terremoto nella sua funzione di fabbrica delle emergenze, si intrattiene per mio merito o colpa, alla costruzione del Ponte sullo Stretto. Penso che le condizioni urbane e civili delle due città sono così degradate che un ponte legherebbe due realtà in cui l’una esibisce nel centro ancora baracche e baraccati, fogne (metaforiche e non) e l’altra, nell’anno del Signore 2009, vede la ‘ndrangheta impossessarsi dei suoi fianchi, del suo corpo, della sua anima. Vede soldi che girano, appalti che partono. E vede che tutto, più o meno, resta tal quale: l’acqua nelle case ancora è un bene distribuito a qualcuno, non a tutti.
Dico, volendo riassumere: “due città cloaca”. Mi fanno rilevare gli amici messinesi di facebook che il tono del rilievo risulta particolarmente sgradevole. Replico spiegando, illustrando, definendo meglio il mio pensiero e scusandomi infine, com’è giusto, con coloro che hanno ritenuto offensive le mie parole.
Si può discuterne naturalmente, ed è quello che abbiamo fatto in due incontri a Messina. La mia opinione può risultare troppo cruda, e ci sta.
Ma il potere, per la prima volta, decide che è venuto il momento di fare un passo in più: bastonare. Basta con i giornalisti (suppongo comunisti) diffamatori di professione!
Ecco come la realtà si capovolge ed ecco come l’indignazione, quando muta il suo carattere, si trasforma in intimidazione.
La querela, nella sua tragica devianza, assume il valore di un ammonimento. Più che a me è diretta a tutti coloro che avranno una penna in mano e una testa sulle spalle.
Settecentomila euro mi dicono sia il conto salato per le mie parole.
Notizia è buffa e tragica al tempo stesso.
Se avrete voglia di leggere l’Ansa troverete modo per sorridere ma anche, e purtroppo, per assaporare il dolore dell’ultimo stadio, del perché e del per come lo sfinimento civile conceda al potere tale e tanta spudorata immunità. Non ricordo una conferenza stampa congiunta dei primi cittadini della Calabria e della Sicilia contro la mafia, la ‘ndrangheta, contro la politica imbelle, i soldi bruciati, le strade bucate, la speranza distrutta.
Non ricordo un alito di protesta. Nulla, niente, zero.
Non ricordo. Il problema è che noi non abbiamo nemmeno voglia di ricordare. Solo, e per un attimo, ci concediamo il sorriso del compatimento disperato per questo nostro buffo tempo e questo nostro un po’ tragico destino.
Antonello Caporale

(ANSA) REGGIO CALABRIA - Mille euro di risarcimento per ogni abitante delle città di Reggio Calabria e Messina. E' l'entità del risarcimento chiesto dalle amministrazioni comunali di Reggio Calabria e Messina per le affermazioni ritenute offensive di un giornalista nel corso di un dibattito televisivo.
I sindaci delle due città dirimpettaie, Giuseppe Scopelliti (Reggio) e Giuseppe Buzzanca (Messina) hanno illustrato stamani, a Reggio Calabria, le ragioni della querela nei confronti del giornalista Antonello Caporale e della richiesta di risarcimento danni nei confronti dell'emittente televisiva La7, per l'espressione usata da Caporale che ha definito "Reggio Calabria e Messina due cloache". I due primi cittadini hanno spiegato che, attivando gli uffici legali dei due enti, avvieranno una procedura comune per il risarcimento danni.
"Abbiamo il dovere - ha detto Scopelliti - di tutelare le nostre comunità da chi cerca di gettare fango su un territorio in evidente crescita. Siamo fortemente impegnati con il collega Buzzanca per costruire un futuro diverso per le nostre due nobilissime città ma evidentemente a qualcuno dà fastidio.
Saremo intransigenti perchè esigiamo rispetto per i nostri concittadini".
Il sindaco di Messina ha definito l'iniziativa "un gesto dovuto per le comunità delle due sponde. L'affermazione usata - ha aggiunto - è chiaramente lesiva dell'onorabilità di ciascun cittadino. C'è una evidente manovra che tende ad ostacolare il processo di sviluppo di due città in fase di conurbazione che, anche con la realizzazione del Ponte, diventeranno la grande realtà metropolitana pronta a svolgere un importante ruolo all'interno del Mediterraneo. Per questi motivi non consentiremo a nessuno di impedire o quantomeno frenare il cammino intrapreso dalle due città". (ANSA, 18 maggio 2009)

lunedì 18 maggio 2009

Imbavagliare internet

Questo non è allarmismo ma pura informazione: oltre ad essere il 23° paese come prezzo degli stipendi erogati ai lavoratori, l’Italia spinge per cadere più in basso anche nella classifica della libertà di stampa in cui già si trova al 40° posto dopo Cile, Benin e Namibia.
Il tema è più importante di quanto si pensi: la paura di un Obama Europeo eletto con le iniziative e le propagande dei blog terrorizza gli uomini al potere che di internet ne capiscono poco o niente. Già le prime azioni non ufficiali vengono svolte persino su You Tube: inspiegabilmente ogni giorno video riguardanti argomenti scottanti vengono eliminati e alcuni bloggatori free-lance si ritrovano il proprio canale bloccato. Visitando You Tomb è possibile attraverso una chiave di ricerca scoprire quanti video riguardanti l’argomento scelto, siano stati eliminati. Dopo il disegno di legge Levi-Prodi dell’ottobre 2007 e dopo la sua riformulazione del giugno 2008, la Casta ritorna all’attacco: unico obiettivo è instradarsi cautamente nel sistema giuridico italiano per giustificare possibili e probabili censure alle reti d’informazione del popolo del web.
Mentre tutti parlano del pacchetto di sicurezza e delle altre restrizioni ai limiti delle convenzioni stabilite a Ginevra, si modificano altri articoli di dubbio significato come l’art. 60 dell’emendamento D’Alia.
Il disegno di legge approvato a febbraio dal senato prevedeva un’ammenda ai trasgressori e addirittura imponeva l’oscuramento dell’intero sito in cui era presente l’istigazione; Ora con le opportune modifiche approvate alla camera il 14 maggio il testo è stato cambiato considerando l’autorità giudiziaria responsabile della rimozione e non più il Ministero dell’interno. Inoltre se dalla rimozione del dato illecito si dovesse violare l’accessibilità a contenuti estranei al procedimento, l’articolo prevede il non luogo a procedere.
Quindi se prima il malfattore che creava un gruppo su Facebook contestando una legge e invitando a disobbedire a quest’ultima pagava un ammenda e Facebook per intero veniva oscurato, ora secondo la modifica di Cassinelli saranno semplicemente Facebook e l’autorità giudiziaria ad occuparsi della rimozione del gruppo istigatore.
Ma non finisce tutto qua, come in Italia si legifera a proposito di Internet e della sua regolamentazione, anche al parlamento europeo le tematiche trattate per ora riguardano lo stesso argomento. Il cosiddetto pacchetto Telecom che prevedeva una serie di articoli potenzialmente lesivi per l’espressione dei blogger europei e per l’intero mondo di internet, è stato abrogato il 6 maggio ma solo in parte; La rielaborazione di tutto il pacchetto prevede nuovamente la possibilità da parte degli operatori di internet di decidere (senza un contraddittorio) quale materiale sia più valido consentendogli di veicolare l’informazione verso la linea che essi preferiscono.
Per maggiori informazioni visitate i seguenti link:

http://punto-informatico.it/2468674/PI/News/camera-manda-avanti-ddl-anti-blog.aspx
http://www.beppegrillo.it/2009/03/ucci_ucci_sento/index.html#comments
http://www.scambioetico.eu/index.php?topic=563.0
http://robertocassinelli.blogspot.com/2009_02_01_archive.html
http://www.byoblu.com/post/2009/04/23/YouTube-censura-Byoblu.aspx
http://www.youtube.com/user/azionepreventiva
http://youtomb.mit.edu/browse
http://translate.google.com/translate?hl=it&u=http%3A%2F%2Fwww.laquadrature.net%2Fwiki%2FTelecoms_package_directives_2nd_reading_by_name

domenica 17 maggio 2009

Il Popolo della libertà contro il Popolo dei barconi

E’ il tema dei migranti a infiammare la campagna elettorale. Come se l’unico vero e grande problema dell’Europa fossero gli immigrati che dall’Africa e dall’Oriente tentano di raggiungere le coste italiane.
Dice così Eugenio Scalfari oggi su La Repubblica: “Bisogna distrarre l’opinione pubblica da altri temi incombenti e non favorevoli al governo: la crisi economica, la distruzione crescente dei posti di lavoro, la perdita di competitività del sistema-Italia, il terremoto d’Abruzzo e i disagi che ne derivano e che sono ancora lontani dall’essere soddisfatti, la cicatrice tutt’altro che rimarginata della credibilità pubblico-privata del premier. Bisogna trovare un nemico esterno sul quale concentrare la rabbia della gente ed eccolo pronto, quel nemico: è il popolo dei barconi”.
Condivido l’analisi di Scalfari. Ma non voglio né parlare di priorità né di programmi politici che ancora non mi sono chiari. Vorrei invece valutare il rischio che corriamo. Non mi riferisco al rischio di avere stranieri per le piazze o per vie delle città. Il vero rischio è quello di diventare intolleranti. Questo tipo di campagna elettorale è una strategia, è uno spot propagandistico, che fa crescere la paura e che porterà a non saper più distinguere un delinquente da una persona che ha un reale bisogno di ospitalità. Così si arriverà a considerare tutte le persone straniere come soggetti pericolosi. E devono far riflettere le parole del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano che, negli ultimi giorni, ha parlato del “diffondersi di una retorica pubblica che non esita – anche in Italia – ad incorporare accenti di intolleranza o xenofobia”.
Mi stupisce ancora di più che si parli di mandare indietro le imbarcazioni, per la sicurezza del Paese, e non si discuta invece di istituire centri di accoglienza funzionanti o di ripristinare degnamente quelli che ci sono. E mi unisco all’appello del segretario del Pd, Franceschini, che domanda dove siano finiti i poliziotti e i controlli sulle strade.
E’ triste sapere che l’Italia abbia un Ministro della Difesa che ha definito “organizzazione disumana e criminale” l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. È triste quanto sapere che il Primo Ministro italiano abbia definito gli immigrati respinti: persone senza “arte né parte” ingaggiate dalla mafia, trasportate dalla mafia e da essa controllate. Con molta probabilità su quei barconi c’erano anche criminali ma il dovere dello Stato, secondo anche l’Unione Europea, è proprio questo: distinguere chi sta scappando dall’oppressione e chi invece viene in Italia per delinquere.
Io avrei preferito sapere che l’Italia fosse riuscita a salvare anche un solo uomo dall’oppressione piuttosto che ricevere la notizia che 500 stranieri sono stati rimandati nel loro paese in modo assolutamente indiscriminato.
Ci sono facce nuove 
E lingue da imparare 
Vino da bere subito 
E pane da non buttare 
E musica che arriva da chissà dove 
E donne da guardare 
Posti dove nascondersi e case da occupare 
Che sono arrivati i Turchi all'Argentina 
E c'è chi arriva presto e chi è arrivato prima 
Per le strade di Roma 

mercoledì 13 maggio 2009

inFormazione

Dopo circa 2 mesi si riattiva la rubrica d’informazione dell’università di Messina:

1: Il risultato del voto unanime del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione che ribadiva al Magnifico Rettore il proprio convinto apprezzamento per l’impegno profuso nella valorizzazione dell’Ateneo in tutte le sue componenti, invitandolo a proseguire, con determinazione, nella condivisa opera di rinnovamento intrapresa e nelle realizzazioni avviate e in corso.

2: Le dichiarazioni del Rettore Tomasello prima di essere stato indagato

3: Le dichiarazioni del Prof. Tomasello dopo essere stato sospeso

4: La lettera di due studenti vittime dell'attacco mediatico televisivo durante la trasmissione “L’Arena”

5: Conferenza d’ateneo per il bilancio universitario

Ed ora come per incanto trovo ben 3 messaggi nella casella di posta tutti della newsletter unime…..erano passati solo 2 mesi dall’ultima e-mail, né sentivo la mancanza. Ora dovrò aspettare altri 2 mesi.

Malgrado tutto mi consola il fatto che questa volta non si parla delle avventure giuridiche del nostro ermellino preferito ma di ben tre eventi degni di essere chiamati tali:

6: Lun 14/05/09 - Conferenza: "I ponti tra mito e realtà"

7: Mar 15/05/09 - Conferenza Interdisciplinare: "Il sistema Acqua: dalla Fisica alla Biologia"

8: Mer 13/05/09 - Al via il 1° UNIMEFESTIVAL e la quarta edizione della mostra fotografica "Scatto Matto"

Da evidenziare la conferenza: “I ponti tra mito e realtà” dove l’ingegnere Siviero, ovvero il vicepresidente del Consiglio Universitario Nazionale, anche ordinario di Teoria e Progetto di Ponti all’IUAV, nonché responsabile dei meccanismi di compensazione del Ponte di Calatrava a Venezia, parlerà sicuramente a favore del ponte sullo stretto, con il solo contraddittorio di tre eminenti ordinari dell’università di Messina.

--> Fronte Brochure: "I ponti tra mito e realtà" <--

--> Retro Brochure: "I ponti tra mito e realtà" <--

martedì 12 maggio 2009

La posta in gioco è alta... Di Tonino Cafeo

Sono le dieci del mattino quando Nichi Vendola arriva a Messina per una mattinata di campagna elettorale. Ad attenderlo, nel piazzale della stazione marittima, non ci sono solo i militanti della nuova formazione Sinistra e Libertà. Proprio davanti alla targa che ricorda le vittime del lavoro sul mare-i quattro del mezzo veloce Segesta jet più un marinaio rimasto intrappolato anni fa in una porta stagna del traghetto Villa- due anziani uomini di mare aspettano anche loro di poter stringere la mano al presidente della "rivoluzione gentile" pugliese.Uno è il padre di Marcello Sposito, il motorista del Segesta. " Mi vergogno di non essere emigrato cinquant'anni fa- si sfoga- e di essere rimasto in un paese che fa prima ad erigere monumenti ai caduti, piuttosto che a chiudere inchieste". Così l'altra faccia del Verminaio, la città dolente delle troppe fughe per la sopravvivenza, della desertificazione produttiva, delle troppe solitudini e disillusioni comincia a raccontarsi al leader della nuova sinistra. Uno dei pochi uomini politici in grado di suscitare ancora speranze di cambiamento in un popolo che si sente smarrito e privato del proprio futuro ma che vorrebbe ancora provarci.Come la gente del campo Rom, che accoglie Nichi Vendola col sorriso dei suoi tanti bambini, smagliante malgrado le condizioni subumane in cui sono costretti a vivere, fra una fogna a cielo aperto e i ruderi del vecchio inceneritore comunale.La narrazione della Messina che non vuole arrendersi prosegue nel salone delle bandiere del Municipio, gremito nonostante sia un lunedì mattina.Prima di Nichi intervengono Renato Accorinti, storico pacifista e ambientalista-che ricorda come la politica - quando è altro dagli affari e dagli interessi di pochi-possa e debba essere l'attività più nobile destinata agli esseri umani, Emanuela Giuffrè-precaria dell'Università di Messina-con una precisa denuncia dello stato di abbandono del sistema formativo pubblico e Maurizio Rella, l'architetto con la passione per la buona politica che Sinistra e libertà ha individuato come candidato locale alle Europee.La posta in gioco di queste elezioni è alta: si tratta di ricostruire una sinistra che la sconfitta dello scorso anno ha letteralmente spiantato dalla società. Farlo a Messina -da sempre città tentata dall'apatia e dal qualunquismo-potrebbe sembrare una missione impossibile. Nichi,però, non si sottrae alla sfida."Mi avete regalato un ora di bellezza nell'angolo più buio della città" esordisce alludendo alla visita al campo Rom. Perchè nell'idea di politica che lui incarna, riconoscere e difendere la bellezza è la prima cosa, anche se ciò non può che avvenire non distogliendo lo sguardo dalle brutture e dalle vergogne che "non fanno dormire la notte". Vendola le elenca puntualmente: ed ecco L'università, gli affari, i silenzi della stampa, i morti che hanno avuto giustizia -come Graziella Campagna- e quelli che ancora attendono. Da Adolfo Parmaliana a Matteo Bottari.Ce n'è ovviamente anche per il ponte, quello che unisce due cosche e non due coste: "Amo la modernità – afferma – non ce l’ho con i ponti in generale. E’ quello dello Stretto che io credo non si farà mai. Non vedremo mai il Ponte ma l’impatto devastante sulle coste sì». E parlando di Ponte Vendola cita l’Abruzzo e la Impregilo, la società che dovrebbe costruire la grande opera e che a L’Aquila ha realizzato gli ultimi lavori sull’ospedale poi sbriciolatosi sotto gli effetti del terremoto.Non manca un riferimento al presidente del consiglio,ma non per unirsi all'esercito di chi rovista nel sottoscala della vita privata del Cavaliere. Nichi Vendola è molto più preoccupato delle sue recenti affermazioni ostili alla società multietnica che in Italia-osserva il presidente pugliese-in fondo c'è sempre stata. " alle comunità pugliesi e calabresi che parlano il greco antico-scherza- che facciamo? Gli facciamo la multa?Per affrontare tutto ciò però-ed è questo infine il messaggio che Nichi Vendola sta testimoniando in tutto il paese- occorre una sinistra rinnovata, che non soffra di nostalgia e di torcicollo. La sinistra vecchia, per tante ragioni, non ce l'ha fatta ed ha lasciato sulle proprie macerie una diffidenza spesso giustificata. Ce la farà quella nuova? Al tempo della semina nessuno sa se la gelata si porterà via i frutti oppure no, però- intanto si semina e si cura il terreno, nella speranza di potere prima o poi godere dei germogli.
Tonino Cafeo

domenica 10 maggio 2009

A proposito del Waterfront

C’era una volta l’amministrazione Genovese, il Presidente dell’Autorità Portuale, oggi deputato nazionale, Vincenzo Garofalo e il piano regolatore delle zone portuali di Messina. Un’intesa tra le parti stava per essere firmata a patto che Genovese avesse una sua commissione che valutasse la possibilità di spostare le ferrovie a Tremestieri. All’improvviso con un dispaccio proveniente da Palermo decadeva il Sindaco, il Consiglio e il Presidente dell’Autorità Portuale.

Questo accadeva nell’ottobre del 2007, poi successivamente i due commissari Sinatra al Comune e Di Virgilio all’autorità portuale, amici da trent’anni, mischiarono un po’ le carte. Fecero approvare l’intesa già stilata dai politicanti messinesi, con qualche atto di modifica riguardante l’esclusione di quella commissione voluta dal decaduto Sindaco Genovese. Commissione che doveva servire a studiare un possibile spostamento della ferrovia a Tremestieri. (parole non mie ma dell’ing.Di Sarcina)

Ora siamo nel 2009 e il progetto ormai definitivo è stato inviato a quell’ente tecnico amministrativo che si occuperà di valutarlo, deciderne l’approvazione o rimandarlo indietro per le opportune modifiche. Esso comprenderebbe (dopo l’approvazione tutto sarebbe comunque ulteriormente modificabile, con soluzioni infrastrutturali simili che perseguano identici obiettivi) la riqualificazione delle aree interne alla cittadella, il trasferimento dei traghetti a Tremestieri, il potenziamento delle attività portuali e la realizzazione di un waterfront per i messinesi.

A seguire il link di un’ipotesi progettuale redatta sempre dall'autorità portuale ma non definitiva. Quella invece inviata agli organi competenti per la valutazione comprende due modifiche sostanziali : alla forma del porto del Ringo e ai moli per gli attracchi crocieristici.

-->Link<--

Non ho intenzione di parlare di tutto , ma solo del Waterfront. L’intento iniziale sembrava essere di grande aiuto alla riqualificazione dell’intera costa messinese, infatti l’aver portato avanti un lavoro per lunghi anni ed essere riusciti a trovare un’intesa per il piano è stata una conquista per tutta la città. Si sono fatti incontri, dibattiti, seminari, workshop sono venuti grandi architetti dalla spagna e in pratica io mi sono illuso che qualcosa poteva cambiare, che il rilancio della città potesse iniziare dal mare come dal mare è nata la città stessa. Non ci credevo quando assistendo alla presentazione del piano fatta dal dirigente dell’ufficio tecnico dell’autorità portuale (Ing. Di Sarcina), ho scoperto che, come tutte le cose a Messina, il piano finale è una vera farsa. Quasi, quasi, qualche malalingua potrebbe dire che la paura da parte dell’autorità portuale di essere inglobata a quella di Palermo è tanta da far movimentare le poltrone di certi dirigenti e dare parvenza di una costante operatività tramite l’esecuzione del Piano in questione. Insomma il piano viene pensato come un sistema per incentivare economicamente la città, ma al cittadino non viene dato quasi nulla del waterfront di cui tanto parlano; le zone d’intervento diligentemente costituite dal piano chiedono anzi implorano l’aiuto di investitori privati, soprattutto nella cittadella e sono pensate astutamente per essere operative come singole, in pratica si dice Waterfront così per usare un termine inglese, perché in verità sarà più un Watersfragments. Unica positività rilevante, sembrerebbe lo spostamento dei traghetti a Tremestieri con riqualificazione della zona ora concessa alla Caronte & Tourist (anche se ci sarebbe da dire che la riqualificazione non cambierebbe la destinazione d’uso, sempre un porto rimarrebbe);

Tutto ciò che potevamo invece intendere e sognare come waterfront, diventerà secondo questo piano solamente un insieme di porti e porticcioli che l’autorità portuale promette come calpestabili, ma non sarà possibile renderli tali a causa delle norme di sicurezza obbligatorie previste dalla legge in fatto di ambienti portuali;

Dal golfo dirimpetto alla chiesa del Ringo, il porto camuffato da waterfront si estenderebbe fino alla Marina del Nettuno comprendendo: un porto turistico, un porto a traffico limitato per la viabilità portuale, una serie di ormeggi per i grandi yachts, un porto a secco e attracchi crocieristici. Io volevo farmi una bella passeggiata sul mare, come i cugini dell’altra sponda, perché debbo per forza vedere il mare spezzato dagli alberi ondeggianti delle barche a vela o dalle pance dei grandi Yachts? Io di un attracco crocieristico proprio in fiera non saprei che farmene, io di grandi yachts da ormeggiare non ne ho e anche se ne avessi, di certo non starei più di 3 minuti a Messina, gli stessi pescatori non pagheranno mai 700 euro all’anno per impilare le loro preziose barche nelle secche previste e i porticcioli durante la stagione invernale saranno vuoti o con qualche motoscafo fermo e immobile per tutto l’anno;

Quando l’Ing. Di Sarcina dice che ha l’ idea di un waterfront pieno di volumi dove la gente si reca attorno a tali volumi con la volontà di sbirciare il mare, capisco che non lo dice perché ci crede veramente e mi viene proprio da vomitare: vomitare sugli enormi interessi politici che muovono tutto e rovinano i sogni dei professionisti come l’ing. Di Sarcina stesso, che ha lavorato sodo assieme ai suoi collaboratori, ma non è riuscito a definire un piano aggressivo con dei punti fermi che potessero rilanciare l’intero territorio Messinese a partire dal mare.

In conclusione, come se ciò che ho scritto fin qui fosse unicamente la mia coscienza messinese, posso dire malgrado tutto che è meglio avere un progetto redatto e operativo che un po’ di carta straccia nei cassetti.

sabato 9 maggio 2009

Impastato e Moro, fratelli d'Italia

Malgrado tutto siamo qui. Coi nostri pensieri. E io con una domanda: 31 anni fa il terrorismo (?) ammazzava Aldo Moro; 31 anni fa la mafia uccideva Peppino Impastato. Era di 9 Maggio.
La democrazia di allora era più avanzata di quella di oggi?
Le immagini di quell’Italia fanno ricordare a noi, ormai avanti con gli anni, strani giorni, di paura, ansia.
E voi, piccoli fratellini e sorelline dell’onda, nutriti come polli d’allevamento nelle vostre univeristà tutte molto chic, avete studiato bene quegli anni? Avete visto solo i film? I cento passi, Il caso Moro, Piazza delle cinque lune? No, non basta. Leggete, studiate, cercate di rubare qualche documento fuori dall’allevamento. E poi ditemelo voi.
Da 31 anni mi chiedo chi ha ucciso Moro, perché hanno lasciato solo quell’uomo in mano a quei pazzi che pensavano di cambiare un Paese uccidendo, sparando, sequestrando, dichiarando e sentenziando dai loro assurdi tribunali.
Da 31 anni mi chiedo com’è stato possibile nascondere non solo l’assassinio, ma per oltre un decennio perfino la morte di Peppino Impastato. Lasciando soli sua madre, suo fratello, i suoi pochi amici a combattere contro la tesi del suicidio.
Che Italia era, che Italia è ? C’era più democrazia allora? Erano tempi migliori quelli di forti ideali di forti tensioni di forti che ammazzavano i deboli, spesso inermi, disarmati. Non lo so.
Per oggi mi arrendo. Da domani tornerò a cercare.

venerdì 8 maggio 2009

Gira voce che Berlusconi…

…sia pedofilo. Gira voce che Berlusconi abbia una figlia illegittima. Gira voce che Berlusconi tradisca la moglie con le veline, con il Ministro Carfagna e con le candidate alle Europee. Gira voce… che gira voce!
Fino ad ora non ho sentito la cronaca attendibile di un fatto. Nessuno ha dimostrato che Berlusconi si sia appartato con le ragazzine. Nessuno ha pubblicato foto del Premier in atteggiamenti compromettenti. Nessuno ha rivelato intercettazioni scottanti. Un anno fa però stava per essere raccontata una telefonata fra Berlusconi e il direttore commerciale della Rai, Agostino Saccà. Durante questa telefonata i due avrebbero parlato delle veline. Ma poi nulla è stato più scritto e detto. Eppure, come dice Berlusconi, in Italia ci sono solo Gazzette di Sinistra. Qualcosa non mi convince.
E penso così al vecchio Marco Travaglio. A quel Marco Travaglio che scrisse il libro “La scomparsa dei fatti” per poi rimanere vittima delle omissioni giornalistiche che nel suo libro aveva tanto criticato.
Qualcuno ha forse sentito Bruno Vespa nel suo programma, che qualcuno definisce “il terzo ramo del Parlamento”, ma che io definisco simpaticamente “Porca a Porca”, fare una domanda scomoda? L’Italia è l’unico Paese del mondo in cui, in un talk show, è stata concessa, al Primo Ministro, un’ora e mezza di tempo per raccontare la sua vita privata senza una controparte che potesse rispondere. Quanto detto da Berlusconi a Vespa, agli italiani e alla rivista “Chi” non mi basta. Le voci che girano non mi possono raccontare i mali dell’Italia. Io vorrei che qualcuno indagasse e andasse alla ricerca dei fatti. Ad esempio: Perché Berlusconi è arrivato un’ora prima a Casoria ed è andato alla festa di 18 anni della figlia di un ex Consigliere Comunale arrestato nel ‘93 perché accusato di chiedere tangenti? E la risposta, secondo il mio trascurabile parere, non sta nel comunicato stampa che Veronica Lario ha mandato all’Ansa. Suo marito non è malato di sesso, come lei sostiene. Forse potrebbe anche esserlo, ma non è la motivazione della sua presenza alla festa di Noemi. Le voci che girano non mi convincono e non ne posso più di ascoltarle. E anche delle tre veline aspiranti parlamentari europee mi interessa poco. Se c’è una velina bella, brava, col 110 in tasca, a differenza mia, e col sogno di diventare parlamentare europea le auguro buona fortuna e buon lavoro. Se è vero, come è vero, che siamo in un Paese democratico anche la velina ha diritto di candidarsi e di essere votata. E io ho diritto, se voglio, di non votarla. Posso scegliere una ragazza, dello schieramento opposto, che sogna di diventare magistrato oppure posso scegliere chi lotta, da anni, in prima linea contro la mafia perché è egli stesso vittima della mafia. Però mi interrogo e mi chiedo: perché in Italia si è arrivati a candidare le veline? Chi teme la presenza delle veline a Bruxelles e perché? E soprattutto: Quel è la strategia politica che la sinistra sta mettendo in atto, durante la corsa alle Europee, per contrastare l’immoralità della destra? Qualche giorno fa ho letto l’articolo di Perry Anderson, “La sinistra invertebrata”, e vorrei riportare un concetto: “L’ultimo vero leader del partito, Enrico Berlinguer, ha incarnato l’austerità e il disprezzo per l’autoindulgenza e l’infantilismo del nuovo mondo dei consumi materiali e culturali. Dopo la sua morte, il passaggio dal rifiuto intransigente di quei valori all’entusiastica capitolazione politica e culturale è stato brevissimo. E Walter Veltroni ha finito con il somigliare sempre di più alle figurine sorridenti degli album che aveva distribuito con l’Unità quando era direttore del giornale”.

mercoledì 6 maggio 2009

Su compagni, nient’altro da dire sul divorzio dell’incubo che ogni notte, dal 1994, viene a trovarvi? Di Carmelo Franzò

Ieri l’ho visto il vostro incubo. L’ho visto da Bruno Vespa, sprofondato nel poltronone del confessionale di Rai Uno. L’ho visto parlare di figli e nipoti, di viaggi e regali, di una storia d’amore che forse è finita. Ho una buona notizia per voi, Compagni. Ho capito che il vostro incubo non sarà più lo stesso. Esisterà solo un Berlusconi pre e un Berlusconi post divorzio. Stavolta al processo dovrà andarci, e questa storia potrebbe si sfiancarlo.

E’ l’unico progetto politico alternativo a Berlusconi? Diffidate.

Le parole spese su questa vicenda saranno presto putride. Anche perché uscite dalla bocca e dalla penna dai sacerdoti della morale altrui.

Repubblica cita Avvenire, divorziati perché traditi o traditori aggrediscono la signora Lario con la stessa veemenza con cui editorialisti attaccano il cacciatore di veline dimenticando che quando possono, con le giovani stagiste, ci provano.

Avevo resistito per tre giorni, imponendomi di non leggere i pruriti di chi sopravvive al crollo delle vendite grazie alle storie che vanno da Cogne a Perugia, da Novi Ligure a Lady D. Poi devo ammettere di essere crollato sotto la spinta dei nuovi moralisti che oggi circolano in questo nuovo millennio più di quanti ieri ne giravano per le chiese. Dimenticando di quel Nazareno che disse anche “chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Conosciamo le vite di chi in questi giorni ha scagliato la pietra senza neppure il buon gusto di nascondere la mano, trovando anzi il coraggio di firmare le loro reprimende, i loro ammonimenti. Partono dalla nuova morale che sgorga dalle labbra di Veronica e finisce tra le gambe delle veline. E si propaga nei profili di facebook dove può capitarti di vedere scritto nel profilo delle stesse donne “adottiamo un fisico come quello di Cristiano Ronaldo” con il calciatore milionario ritratto in posa erotica e poi giù il “Berlusconi non è il mio presidente, non è possibile avere un presidente così”. E lo stesso capita nel profilo dei maschietti, quelli che odiano il Berlusconi velinaro invidiandolo a morte o quelli che inveiscono contro la signora Veronica perché ingrata. Ingrata dei soldi o delle corna?

Oggi il quotidiano più autorevole del nostro bel Paese ha dedicato quattro pagine e la prima al divorzio all’italiana però in Tv. Un fondo e poco più a un articolo che ci dice ch eun commesso del senato prenderà 8.000 euro al mese di pensione. Mentre mia zia ne prende meno di mille però dice che è fortunata perché suo marito gli ha lasciato la casa e così non deve andare in ospizio né rivolgersi ai servizi sociali.

Su compagni, qual è la lettura della società italiana di oggi? Raccontatemela e provate a farlo bene. Avete visto i vecchi in fila per il viagra, i giovani che fanno a coltellate per un parcheggio, i giochi dei bambini della play station, le stesse prime pagine dei giornali, le vetrine di un’edicola e di un negozio che vende calze o abbigliamento?

Che piaccia o meno, chi ci sta dentro questa società? Dentro questo Paese che non consente agli italiani di fare i lavori più umili, di fare la spesa all’hard discount senza avere un po’ di vergogna.

Su compagni, Pasolini scriveva nel 1975 l’articolo sulle “lucciole”, Prezzolini per 70 anni ha scritto cose come “Tutto si frantuma. Le grandi idee cadono di fronte a uno spappolamento e disgregamento morale di tutti i centri d’unione”.

E così tutti i grandi moralisti, quelli che però davvero hanno speso una vita per celebrare coerenza, valori. Rispetto ad allora non è cambiata l’Italia, sono cambiati i moralisti. Che sono senza morale. E anche senza idee.

Compagni, attaccarsi alla vicenda Berlusconi –Lario come progetto politico è fuorviante oltre che sbagliato. “Dynasty” ha avuto grande successo negli anni ’80.

E se Avvenire fa il suo mestiere richiamando alla morale cattolica, Repubblica fa ridere richiamando i valori di Avvenire come fosse una morale condivisa. Qui ormai anche la religione è un “bignami” del comportamento, dal quale estrapolare i precetti al momento opportuni.

Non ci sarà più il Medioevo dell’Inquisizione ma siamo in un nuovo Medioevo culturale. Le fazioni non sono più divise per fede ma per convenienza. E forse per questo anche le alleanze sono in continua evoluzione.

Dai Compagni, l’Italia è sempre stata l’Italia, con i suoi giochetti, i suoi trucchi, la sua rigida elasticità. E il mondo politico, come il calcio, le veline, la tv spazzatura, le sfilate, il festival e altre cose amene, è sempre stata così.

La cifra di differenza non è Berlusconi, che questa Italia la rappresenta. Sono i Compagni che hanno scambiato la morale per le figure panini, il post comunismo con il pensiero sturziano confuso dalla nebbia di Ferrara.

Da oggi non leggerò più le cronache della dynasty di Arcore. Quello che succede saranno fatti loro. Compagni, voi fate quello che vi pare.

Io, modestamente, cercherò di capire meglio i problemi dei precari, di cosa faranno le generazioni di veline e velini che perdono la loro corsa alla Tv e non sanno un mestiere, dei cinquantenni per i quali ci sono le confezioni di viagra ma non hanno un lavoro per vivere felici, del perché la globalizzazione ha creato modelli sbagliati a basso profitto, di quello che vorremmo diventasse davvero questo Paese. Non quello di Silvio e Veronica, che vivono la fine di una favola costruita sui loro valori per il loro mondo. Che non è il mio. Io volo basso. Senza farmi troppe illusioni.

Tanto, lo diceva Flaiano “La situazione politica in Italia è grave, ma non è seria”.

martedì 5 maggio 2009

La villa di Arcore come il Grande Fratello

I quotidiani negli ultimi giorni si sono trasformati in autorevoli riviste di gossip. Sembra che abbiano deciso di fare concorrenza ai settimanali che da anni seguono le vicende della Casa del Grande Fratello. Oggi il cavallo di battaglia è Casa Berlusconi. Possiamo ringraziare gli organi d’informazione per aver permesso a tutta l’Italia e a tutto il mondo di seguire in tempo reale la “auto nomination” di Veronica Lario e il conseguente abbandono della villa di Arcore.

I dibattiti alla vigilia delle elezioni Europee sono incentrati su pettegolezzi, presunte amanti o forse figlie, e divorzi. Si prevede una campagna elettorale dai toni bassi o per meglio dire una campagna elettorale di basso livello. Da cronaca rosa con tante notizie da commentare quando si è dal parrucchiere. Ancora nessuna notizia sui programmi politici ma della privata del Premier sappiamo tutto. Così la curiosità non porta a chiedersi chi entrerà in Parlamento Europeo, ma: quanti soldi dovrà dare Silvio Berlusconi a Veronica Lario? E ancora: il lodo Alfano funziona pure nei casi di divorzio? E come dice la mia amica Daniela: “Vuoi vedere che Veronica Lario sarà l’unica a riuscire a vincere un processo contro l’immune Silvio Berlusconi?”

venerdì 1 maggio 2009

La ragione e il dubbio