L'immagine sbiadita di una città sbiadita dove, malgrado tutto, c'è ancora chi lotta per essere un'anima viva.

giovedì 23 aprile 2009

Il dovere di dibattere contro il silenzio. Di Carmelo Franzò

Osservando le reazioni ogni qualvolta il nome di una città appare sui quotidiani o sulle tv nazionali per uno scandalo che la travolge viene da pensare che una buona parte di cittadini, in tema di scandali interni ai Comuni,  vorrebbe il federalismo giornalistico. Che come quello fiscale ha i suoi vantaggi; ma anche indiscutibili pecche.

Oggi sono i messinesi che partono per la crociata pro o contro Antonello Caporale, lo straniero che si è permesso di farsi i fatti che non sono i suoi. Ma non è il partire il punto, semmai i presupposti di questo andare. Appare evidente a tutti che Messina non è una cloaca, parola utilizzata a sproposito dal giornalista di Repubblica ospite in Tv. Ma dopo due settimane c’è ancora una grande difficoltà a trovare qualcuno che entri nel merito della questione: “Messina è una cloaca”, l’affermazione. Perché c’è stato chi è rimasto sconvolto? Perché Caporale ha detto una tragica bestialità? Perché ha usato una parola sbagliata? O semplicemente perché non si parla così di una città che non è la tua?

Può essere che i messinesi non sopportino chi, con un’affermazione esagerata, ha comunque alzato il tappeto sotto il quale la servitù locale ha nascosto cumuli di spazzatura?

Oppure Messina è una città meravigliosa, dove le baracche non ci sono, le fogne sono tutte interrate?

Il punto di domanda, per una risposta autentica, avrebbe bisogno di un dibattito. Che si farà, stranamente in una libreria e in un circolo di giovani. Non in una sala del Comune o della Provincia, che evidentemente non hanno voluto concedere. E soprattutto si farà col peso di una denuncia per diffamazione presentata dal sindaco Buzzanca e dalla sua amministrazione che non hanno sopportato l’offesa. E la spiegazione preferiscono averla in un’aula di tribunale. Dove ci sarà un giudice, quello con la toga, non il cittadino giudice, l’elettore, il lettore.
Se tra qualche anno, i tempi della giustizia sono quelli che sono, il giudice sentenzierà che Caporale ha torto vorrà dire che Messina non è una cloaca?

Se il giudice sentenzierà che il Comune non aveva motivi per sentirsi diffamato vuol dire che Messina è una cloaca?

Ripeto l’ opinione già espressa: Caporale ha esagerato, ma era animato da buona fede. Intendeva dare un contributo di discussione su un tema assai importante come l’opportunità di realizzare il Ponte. E forse lo ha fatto “mughinizzandosi” per contribuire allo show della Giovannona Coscialunga dell’etere, Ilaria D’Amico, capace di svolazzare tra un campo di calcio e un’inchiesta sui mutui con la leggerezza e la forza di Ibrahimovic.

Lunedì il giornalista sarà alla Mondadori, dove di fronte all’ala radical chic della città venderà qualche copia in più di quanto messo in preventivo del suo “Mediocri”.

Poi parlerà con dei giovani nella sede di un’associazione. Non sarà la Sala delle Bandiere di Palazzo Zanca, ma forse è meglio così. Più informale, coi muri meno impregnati di moralismo a un tanto al chilo. Ci sarà quella stampa che forse per troppi anni è andata col fioretto a intaccare quei problemi che avevano bisogno di colpi di spada? Questo dipende dal federalismo giornalistico. Ognuno in fondo è padrone dell’informazione di casa sua. Può essere che la stampa locale si prenderà cura di approfondire quel dibattito che la politica vorrebbe chiudere. Potrebbe alimentare la polemica, aumentando il conto da pagare. Caporale o Buzzanca? Chi giù dalla torre? Le tv messinesi, il giornale, il settimanale, i siti internet, apriranno la votazione rendendo reality la contesa? Oppure metteranno la sordina, lasceranno ai giovani lo sfogatoio del “Guernica” e dopo 24 ore si torna al silenzio che un “cloaca” urlato in Tv tra qualche anno squarcerà?

Difficile dirlo. La previsione potremmo anche farla, ma verremmo tacciati di qualunquismo. E allora meglio lanciare un appello ai giovani, quelli che si sono iscritti al gruppo di Face e hanno letto questo blog. E meglio ancora lanciarlo a quei ragazzi che l’incontro stanno organizzando: andate avanti, sempre contro, con lo stesso coraggio. Non fermatevi di fronte a chi vi ha già detto o vi dirà nelle prossime ore “ma chi te lo fa fare?”. Non ve lo fa fare nessuno, ed è questa la vostra forza, il simbolo stesso alla vostra libertà. Non vi muovete per uno scopo, come Buzzanca o come lo stesso Caporale potrebbe in fondo fare. Voi vi muovete per capire, per approfondire, per ragionare e per agire. E se i giornalisti locali rivendicano il federalismo dell’informazione dite no grazie. Meglio comunque un’opinione che arriva da lontano e mobilita anche contro un’opinione sbagliata che il silenzio.     

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