L'immagine sbiadita di una città sbiadita dove, malgrado tutto, c'è ancora chi lotta per essere un'anima viva.

sabato 18 aprile 2009

Caporale e il Ponte? L'ultima polemica su 40 anni di nulla
di Carmelo Franzò

Cara Gabriella,
la ringrazio per avere voluto inserire il mio nome tra i collaboratori, e spiego subito che la simpatia per il suo blog mi è sorta per la nota introduttiva, che trovo piena di giovani entusiasmi e di sincero impegno.
Però è meglio, vista la sola conoscenza virtuale, chiarire subito che da bambino mia madre mi chiamava “bastian contrario” . Secondo lei avrei dovuto intraprendere la professione di avvocato o di giornalista per capitalizzare tale talento polemico.
In verita ho finito con il sopire in favore di più oscuri mestieri.
Rubo centimetri al suo blog, visto il perdurare della mia insonnia procurato non certo dalla notizia odierna sulla nuova data, 2010, per la presentazione del progetto esecutivo e dalle polemiche sull’infelice espressione del bravo Antonello Caporale, per dire la mia sulla questione Ponte, non prima di avere premesso di avere studiato negli anni con attenzione i vari progetti di Ponte.
La mia opinione è che il Ponte sullo Stretto non verrà mai realizzato, e questo rende il dibattito per me ancora più aperto e divertente.
Partendo da questa convinzione è chiaro che mi appare ridicola la polemica innescata sull’infelice frase del giornalista del quotidiano “La Repubblica”. Perché, su due cloache o sue due meraviglie, Caporale parlava di un Ponte che non ci sarà.
E’ per questo che innazitutto guardo con tenerezza i convinti assertori del “No Ponte”.
Ed è qui che forse lei mi troverà sconveniente.
A chi ha la pazienza di leggermi voglio dire: a Messina c’è stato nel tempo un comitato che con, l’avallo di certa politica romana, ha trattato la prospettiva del Ponte, non certo la sua realizzazione, come un vero e proprio affare. Un’operazione fatta in malafede da grandi strateghi, ma che col tempo ha trovato anche sinceri sostenitori.
Al pari dei strateghi mascalzoni della progettazione, si è sviluppata la malafede della fazione opposta, quella che dice no alla realizzazione del Ponte. Anche da questa parte, ai tornacontisti del “no” si sono uniti uomini pronti a combattere una battaglia ideale di grande intensità.
Credo che queste due opposte fazione, in questi 40 anni, siano stati due centri di potere che hanno continuato a esistere grazie alla permanenza in vita del nemico.
Paradossalmente, senza i “no al Ponte” il progetto sarebbe in fase ancora più arretrata.
A dimostrazione della finta contesa posso esibire a richiesta (occuperebbe molto spazio del blog e per me molto tempo per la sintesi, ma se me lo chiederà lo scriverò volentieri) una vasta messe di documenti che testimoniano come nell’ultimo quarantennio, i favoreli e i contrari si siano sempre sfidati con duelli all’ulitmo sangue, ma stranamente mutando il fondamento delle tesi. Con l’unica costante dei possibili terremoti e del pericolo determinato dalle possibili infiltrazioni mafiose nei cantieri, le fazioni si sono sempre divise con tesi e posizioni anche scientifiche su tutto: dal “ponte flottante” a quello “galleggiante”, dalla “campata unica” al “ponte a doppia campata”, dalla questione dei venti, a quello delle correnti, dei terremoti, delle rotte di navigazione, dei meteriali, insomma dall’alba del sogno di un’opera monumentale che celebri la grandezza dell’uomo ad oggi, ho sempre avuto l’impressione che la divisione tra chi vuole il Ponte e chi non lo vuole porti qualcosa, un vantaggio, a chi conduce le battaglie. Questo per la verità fino all’avvento dei sondaggi nella politica italiana. Da lì in poi i mestieranti del consenso hanno agito in modo diverso. Basti pensare all’equilibrismo del centrodestra locale di dieci anni fa rispetto alla ferma convinzione del presidente Berlusconi o alle posizioni del centrosinistra, rappresentate sul piano locale dall’avvocato Saitta, che prima disse “ni”; poi per una chiara opportunità politica si schierò alla testa dei cortei. Anche se l’unico capace di rendersi veramente ridicolo fu il candidato premier, onorevole Rutelli, già autorevole esponente dei “Verdi”, del partito ambientalista, che nel 2001 a Messina in uno slancio di populismo senza precedenti, per scavalacare nei dati di Mannheimer il candidato Berlusconi, annunciò perfino la data d’inaugurazione del Ponte. Detto che secondo il calendario di Rutelli il Ponte verrebbe inaugurato tra qualche mese, la vicenda a questo punto dovrebbe essere utile per due ragioni: la prima, certamente seppellire in una risata i politicanti. E se Berlusconi, pur senza mai realizzarlo, fin dalla sua famosa discesa in campo parlò del Ponte, appare decisamente più ridicola la posizione della fazione politica opposta, con D’Alema, Fassino, Finocchiaro, Folena e altri che negli anni hanno balbettato i si e i no al Ponte senza neppure spiegare il perché del cambiamento d’idea. La seconda, mi rendo conto più poetica che pratica, è la misura della capacità di sognare un futuro diverso. Perché personalmente, io che detesto il progresso inutile di cui il Ponte potrebbe fare certamente parte, se potessero realizzarlo nella certezza dei tempi e con un altrettanto certo vantaggio economico per il terriotitorio, non ci troverei proprio nulla di male nella sua realizzazione. Anzi, sarebbe per la generazione che lo tira su una grande sfida col futuro, la capacità di uomini e donne di realizzare un’opera che tutti pensano impossibile da costruire.
I film d’avventura ci piacciono, ma non quelli in cui siamo noi a dovere affrontare le sfide avvincenti. Strano l’uomo vero?
Perché se il no al Ponte è per salvare i laghi, le cozze, le spiagge avvilite da sporcizia e incuria, la disoccupazione, allora si al Ponte.
Io dico “No al Ponte” se il si serve solo per arricchire progettisti e imprese che hanno fatto più soldi in tribunale in finti contenziosi contro lo Stato che non per l’effettiva realizzazione di opere.
Io dico “Si al Ponte” se c’è una possibilità reale di realizzarlo in tempi certi, con un vero vantaggio per l’Europa, per l’Italia, per Messina e soprattutto per i suoi abitanti.
Lo scontro ideologico, nella storia, lo ha vinto chi poteva permetterselo da un punto di vista economico. Non mi pare Messina nelle condizioni di potere rimanere ancora a lungo assediata dall’assoluta mancanza di un’idea di sviluppo.
E non è buona neppure la spiegazione del dottor Caporale, e spesso del giornale nel quale opera, ormai organo ufficiale di un partito della sinistra tutto nuovo fondato dal direttore-segretario Ezio Mauro, che per giustificare il “No al Ponte” scrive, o per interposta trasmissione Tv dice usando a volte espressioni infelici, che non è possibile realizzare il Ponte per collegare due miserie. Perché non c’è teoria economica che possa confutare la speranza che grazie al Ponte, insieme al Ponte, arrivino interessi reali per realizzare le cose mai fatte: strade, ferrovie, alberghi, turismo.
E quando parlano del pericolo mafioso io penso: puo una Stato bloccare una speranza, un sogno, un’ipotesi di sviluppo perché forse non sufficientemente forte per affrontare la mafia? Ma che Stato è uno Stato che abdica alla mafia? Roba da fare rivoltare nella tomba centinaia di uomini, da Placido Rizzotto a Paolo Borsellino.
Un po’ di sano laicismo, di ragione senza entrare nella setta del “no” o nella chiesa del “si”, non guasterebbe.
E aggiungo un’ultima notazione sull’impatto dell’opera, polemica quanto mia madre riconosceva: a me non preoccupano la tenuta dei pilastri del Ponte, quanto la tenuta dei pilastri della politica locale. Una meraviglia di tali proporzioni, una scultura così inutile e bellissima, è vero che verrebbe realizzata con procedure e controlli dell’Unione Europea e del Governo italiano. Ma una serie di funzioni dovrebbero essere assolte dai governi locali. Che tali adempimenti debbano essere programmati e gestiti da personaggi come Nanni Ricevuto e Peppino Buzzanca, il primo chiamato dai suoi amici “Nanni Bugia” (sia detto solo per sorridere), il secondo decaduto per sentenza tante volte quasi quante le volte in cui è stato eletto, francamente è talmente ridicolo da fare apparire tutto come una grande burla. E, sia detto senza offesa, pur osservando solo per passione, non avevo bisogno del dott. Caporale per sapere che questa è politica cialtrona. Sono però democraticamente eletti. E siccome un sistema migliore per determinare chi deve governare non c’è, non lo hanno pensato neppure i signori del referendum, Guzzetta e Segni, per ora teniamoci stretta questa democrazia. Che almeno per i blog pare funzionare.

2 commenti:

  1. Caro Professore,
    Colgo nel suo intervento un occasione per invadere prontamente le radici di questo coltissimo blog;L’intervento in questione (il suo naturalmente) è coinciso e diretto, ma inquadra secondo un mio opinabile parere, una visione decostruttivista (se si può dire) del problema. Con il termine decostruttivismo, indico principalmente quel tipo di influenza negativa conseguente alla mancanza di una posizione chiara e netta nei confronti della situazione. Insomma lei manifesta ampiamente una ribellione critica al contesto politico odierno della Messina comune, ma non definisce una parte per cui simpatizza concretamente. Lei circoscrive il tema in un ampia disserzione di tesi ed antitesi, ma non inquadra realmente una possibile soluzione al problema. Non voglio certo dire che lei deve dare la soluzione finale al problema, ma resta il fatto che si contraddice, non può considerare prima inutile il progresso economico che si genererebbe dalla costruzione del ponte, quando poi due battute dopo spiega che non ci troverebbe nulla di male, oppure non può confutare tesi di cui si discute da anni come la teoria economica di sviluppo o il pericolo mafioso, dicendo poi lei stesso che la gestione politica di Messina e scarsissima e concludendo in modo abbastanza chiaro che ci vuole proprio un ponte per risollevare la sorte di una città corrotta e decadente. E’ troppo facile dire Ni e schierarsi super partes.
    A lei sembra “Una storia semplice”…a me no.

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  2. caro Nello, non sono professore, e da almeno vent'anni ho capito che l'omonimia col personaggio di "una storia semplice" non mi abbandonerà mai. E comunque non è un peso, anzi. Altrimenti non saremmo qui. E dico meglio sull'intervento:lei riesce forse a dire "si" o "no" in serenità d'animo, sicuro di non sbagliare la risposta? Io mi sono posto tante volte la domanda: se dipendesse da me, solo da me, far cominciare i lavori e archiviare il progetto per sempre? cosa farei? difficile dirlo, le opinioni naufragano nel mare della disinformazione messa in piedi prima del Ponte dai "pontisti" a tutti costi e da quelli del "no". Posso però senz'altro dire cosa farei se fossi sindaco di Messina, o presidente della Provincia o della Regione. Certamente vorrei essere protaonista attivo, sedere al tavolo di chi decide per capire realmente costi e benefici per la popolazione. Al momento non mi pare che i politicanti in questione abbiano fatto questo. O si sono dichiarati favorevoli non facendo un passo per accelerare; o si sono dichiarati contrari non progettando alternative economiche. E mi pare il segno più evidente dellapolitca mediocre che ha governato la città. Su un'altra cosa ho certezze: avessi una responsabilità politica, indipendentemente dall'idea sul Ponte, mai mi fermerei di fronte al dubbio, delle possibili infiltrazioni mafiosi. Uno Stato che si arrende preventivamente per paura della mafia è uno Stato disgregato, debole. Uno Stato inutile. Il nostro non sarà perfetto, ma non credo possa dichiararsi vinto. Anzi, grazie a tanti uomini e donne che si sono impegnate anche a costo della vita, lo Stato ha perso battaglie ma la guerra ha provato, prova, proverà a vincerla. Perchè l'unica consolazione che non mi ha mai abbandanato, lasciandomi nella deriva del disimpegno, è che quelli onesti siamo di più. Grazie per l'intervento e a presto. Carmelo Franzò

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