L'immagine sbiadita di una città sbiadita dove, malgrado tutto, c'è ancora chi lotta per essere un'anima viva.

domenica 24 maggio 2009

"Scosse" racconti dall'Abruzzo. 23 maggio 2009 Diario di Davide Comunale

Sono appena arrivato in macchina da Roma al COM dell’Aquila.
La prima cosa che accoglie un visitatore, potreste pensare che siano le case diroccate, il paesaggio desolato e popolato da sfollati. Ricredetevi. Vi accolgono le sigle, gli acronimi di cui ogni angolo della città è sparso. Il COM Centro .Operativo.Misto, la DICOMAC – Direzione di comando e controllo, e così via in una miriade di cartelli stradali dal colore rosso sgargiante che rimandano ad una condizione di “stabile” precarietà. Qui si sono preparati per conviverci con il terremoto e soprattutto con la macchina organizzativa che si è messa normalmente in moto.
Non voglio entrare sui particolari, non potrei né vorrei farlo. Il solo COM dove presto il mio servizio gestisce un terzo delle tendopoli abruzzesi nelle quali sono sistemati “momentaneamente” gli sfollati dell’Aquila e prov.
Preferisco parlarvi delle mie sensazioni…. Il lavoro di segreteria è talmente impegnativo che passiamo poco tempo a contatto con la gente, in tendopoli dove dormiamo con la mia squadra AGESCI; la nostra giornata, all’apparenza poco coinvolgente, si sviluppa nel passare e protocollare le singole richieste dei cittadini e dei volontari che popolano questa irreale nuova metropoli dell’aiuto. Perché, fatevi i conti anche voi, ogni tendopoli ospita all’incirca 500 persone, cittadini e volontari, e solo il COM 1 ne gestisce 39 di tendopoli, da quelle di Piazza d’Armi a quella di Colle Maggio, antistante la basilica dove sono dislocato io. E vi verrà facile adesso capire che le richieste sono le più disparate, dal gas alle forniture idrauliche che fanno funzionare le docce. Insomma dalle mie mani passano le autorizzazioni che poi fanno mangiare dormire giocare le persone che vivono tra le tende dei campi.
Ma è quando il lavoro d’ufficio finisce che cominci a capire dove sei finito. Prima, tutto è carta, computer, bolli e protocolli. E’ distanza dal problema, doverosa, ma sempre distanza.
Quando finisci il tuo servizio invece inizi a respirare un’aria diversa, quella precaria normalità di cui parlavo prima. Guardi viaggiando in macchina le case crepate, i muri pericolanti cinti dalle fasce di sostegno dei VV.FF., le tende che spuntano un po’ d’ovunque, i cartelli delle varie attività commerciali che ti avvisano che: “ADESSO SIAMO DI NUOVO APERTI”, le gru delle costruzioni vicino le chiese, gli scheletri lignei delle nuove case in ricostruzione. E percepisci la gente, che continua a vivere che vuole continuare, tenace e forte come Giulio e Matteo, due panettieri e pizzaioli di Pagliaia di Sassa che abbiamo incontrato ieri notte e che ci hanno invitato ad assistere al rito antico e sempre nuovo della panificazione. Giulio, “il Maestro”, mi ha detto che ha tenuto il forno aperto nel suo capannone anche quando tutto tremava e le macchine facevano fatica a stare ferme, “perché senza pane noi non viviamo”. Chiamatela suggestione, ma - ed ora biecamente utilizzo la pubblicità – “nel Mulino che vorrei”, ci vorrei persone così.
Adesso vi saluto e se volete scrivermi, indirizzate tutto a Davide Comunale, via Nintendo, tenda 17 Tendopoli Collemaggio- L’Aquila.
Davide Comunale

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